La scienza è un luogo affascinante al quale le bambine sembrano spesso non aver modo di accedere. Pregiudizi difficili da scardinare, come quello che vede le donne meno portate per le materie scientifiche, sono ancora oggi ostacoli insormontabili. Ecco perché l’educazione scientifica dovrebbe avere tra i suoi scopi quello di avvicinare il più possibile tutti, bambine comprese, a queste materie; un obiettivo che da sempre orienta l’attività didattica di MyEdu.
STEM è un acronimo inglese che sta per Science, Technology, Engineering e Math (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) e indica un raggruppamento di discipline accademiche di carattere scientifico. Molto diffuso nel mondo anglosassone, questo vocabolo è spesso usato come sinonimo di “materie scientifiche”.
Le STEM sono di fondamentale importanza sia per il loro valore in termini di sviluppo economico degli Stati, sia da un punto di vista più “personale”: in generale, infatti, i laureati in materie scientifiche fanno meno fatica e trovare un impiego stabile e ricevono retribuzioni in media superiori ai laureati in materie umanistiche. Dal 2003 al 2013 nell’Unione Europea la percentuale di persone che lavorano in settori STEM è cresciuta del 12%, il triplo rispetto all’incremento totale dell’occupazione che si assesta al 4%. La domanda relativa alle competenze STEM è in continua crescita, in particolare nel settore delle tecnologie digitali.
Ecco perché è ancora più preoccupante il fatto che queste materie sembrano non interessare particolarmente alle bambine e alle ragazze. In Europa, ad esempio, la percentuale di donne che hanno conseguito una laurea in una delle discipline STEM è del 20% mentre quella delle donne che lavorano nel settore informatico è solo l’1%. La ricerca Pisa Gender Study, portata avanti dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) in occasione dei test Pisa (Programme for International Student Assessment), un’indagine internazionale promossa appunto dall’OCSE allo scopo di valutare ogni tre anni il livello di istruzione degli adolescenti dei principali Paesi, sottolinea inoltre che solo il 9% degli sviluppatori di app sono donne .
Guardando all’Italia, i dati diffusi dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR) dicono che solo il 38% delle studentesse indirizza il proprio percorso formativo verso le discipline STEM e la percentuale crolla per la laurea in scienze tecnologiche e informatiche: 15,2%. Il Gender Gap (differenza di genere) nelle materie STEM in Italia è ancora alto: su 64 Paesi del mondo, l’Italia si colloca al 31esimo posto.
Guardando anche le percentuali di iscrizione alle scuole superiori di secondo grado per l’anno 2018/2019 si può notare che fra gli studenti che scelgono il liceo classico e quello linguistico le ragazze sono rispettivamente il 70,8 % e il 79, 3%, arrivando addirittura all’89,5% nel liceo con indirizzo scienze umane. E mentre al liceo scientifico le ragazze sono ormai quasi la metà, le percentuali crollano quando si parla di istituti professionali (44%) e tecnici (31%).
La maggioranza delle ragazze, dunque, sembra quasi temere le materie matematiche e scientifiche. Quali potrebbero essere le motivazioni? Sicuramente entrano in gioco diversi fattori, culturali ed educativi in primo luogo.
I genitori hanno un ruolo cruciale in quanto sono i primi a creare delle differenze e a trasmetterle ai figli. Una ricerca promossa dall’OCSE proprio in concomitanza con i test Pisa svela infatti come l’atteggiamento dei genitori nei confronti dei figli rilevi una maggiore aspettativa per future carriere in campo scientifico sui figli maschi piuttosto che sulle figlie femmine, anche quando i figli hanno gli stessi risultati nei test di matematica e scienze. Questo pregiudizio però non si riscontra solo tra i genitori: anche gli insegnanti, sempre secondo gli esperti dell’OCSE, involontariamente trasmettono pregiudizi di genere.
Come fare, dunque, per avvicinare le ragazze alle materie STEM? Un primo passo potrebbe essere proprio quello di far conoscere loro la vita e il lavoro delle scienziate, donne che possono fungere da modello positivo a cui ispirarsi, come Marie Curie, Rita Levi Montalcini, Margherita Hack, Emma Strada o Samantha Cristoforetti. Proporre alle bambine e alle ragazze figure di professioniste che possano guardare con stima e ammirazione può, infatti, non solo risvegliare l’interesse per le materie studiate, ma far conoscere professioni di cui forse non immaginavano nemmeno l’esistenza, come, ad esempio, la neuroscienziata, la geologa, la biologa marina o l’immunologa.
Un’altra via da percorrere è l’interdisciplinarietà: proprio puntando sul fatto che le ragazze sembrano prediligere le materie umanistiche, forse sarebbe un bene per tutti non separarle così categoricamente dalle scienze, ma trovare il modo di creare punti di contatto tra le diverse materie. Questo approccio, sicuramente più equilibrato, si sta sempre più diffondendo nel mondo, assieme all’acronimo STEAM, dove la A sta proprio per “Arts” (arti).
È anche importante che alle bambine, come anche ai bambini, venga dato modo di conoscere più da vicino le materie STEM, magari partecipando con la scuola alle diverse attività e iniziative finalizzate alla diffusione delle discipline scientifiche. Tra le iniziative virtuose segnaliamo Stem in the city, che si svolge a Milano ad aprile allo scopo di promuovere le materie tecnico-scientifiche e diffondere una nuova cultura digitale.