Crescere significa cambiare, evolvere e adattarsi: non solo dal punto di vista fisico ed emotivo, ma anche dal punto di vista neurologico. Il cervello cambia con la crescita fisica, e con l’aumento delle interazioni con il mondo che ci circonda.
Un mondo complicato, iperconnesso, che mai come nel passato ha creato una continua rete di stimoli interni, fisici e virtuali, che accompagnano la crescita di bambini e bambine. Questa iperconnessione è amplificata dall’immediatezza dei social, che fanno di ogni individuo il protagonista “in diretta” di una storia, di un evento, di una sofferenza o di una vittoria: un pubblico potenzialmente sterminato che elogia o disprezza, ammira o insulta ma in ogni caso sempre giudica parole o immagini di giovani e giovanissimi in una fase particolarmente delicata e critica del loro sviluppo.
Ragazzi e ragazze oggi vivono sotto i riflettori social, in una sorta di esposizione mediatica che il nostro psicopedagogista e formatore scolastico Stefano Rossi chiama “la società della performance”, che sovraccarica ragazzi e ragazze di aspettative irrealistiche, spesso difficili da sostenere.
Un contesto particolarmente ansiogeno per gli adolescenti, dei quali è bene monitorare il livello stress digitale o, come viene definito, “tecnostress”.
L’impatto dello stress digitale sul cervello degli studenti
Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che l’utilizzo eccessivo di smartphone, videogiochi e social network provoca effetti sullo sviluppo cerebrale. In particolare, negli adolescenti con dipendenza da smartphone, sono state osservate trasformazioni della materia bianca – che serve a scambiare informazioni tra diverse parti del cervello. Altri studi hanno segnalato un peggioramento nei bambini e negli adolescenti affetti da Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) e rischi elevati per soggetti con alcune forme di autismo.
In generale, gli effetti della sovraesposizione al digitale sono: ansia, distrazione, senso di solitudine, disturbi del sonno, insonnia, iperattività.
Ma quali sono i meccanismi dello stress legato alla tecnologia?
L’utilizzo eccessivo degli strumenti tecnologici può portare alla perdita del contatto con la vita reale, perdita delle relazioni e anche a problemi visivi. Può costituire una soluzione apparente alle difficoltà della vita reale riempiendo un vuoto che deriva dalle difficoltà di relazionarsi con gli altri creando un finto equilibrio. Ma si tratta di un falso equilibrio che, quando si rompe, potrebbe creare anche crisi molto complesse da affrontare. L’adolescente rischia così di isolarsi e di perdere una fase fondamentale della propria vita: un periodo straordinario che dovrebbe essere fatto di emozioni e di nuove esperienze.
L’aumento della diffusione della sindrome di Hikikomori è una triste conseguenza di questo fenomeno: ragazzi e ragazze adolescenti che si isolano dal mondo, troncando tutte le relazioni, scolastiche e sociali.
La tecnologia modifica i concetti di tempo e spazio, accelera i ritmi e riduce le distanze; porta allo sviluppo di capacità cognitive differenti, implementa alcune forme di apprendimento e alcune competenze ma rischia di indebolirne altre. Se utilizzata prima del sonno, potrebbe anche alterare invece il ritmo sonno-veglia.
Gli effetti dello stress digitale sulla memoria e sull’apprendimento
Quando si utilizza una tecnologia digitale, si delegano alla macchina determinate attività come ricordare un numero di telefono, memorizzare dove abbiamo parcheggiato l’auto, un indirizzo e così via. In questo modo l’attenzione del nostro cervello si sposta dall’esecuzione di un compito al controllo che la tecnologia lo esegua. E questo aumenta la possibilità di distrazione da quello che si sta facendo, mentre ci si concentra sulle azioni della tecnologia.
È la distrazione infatti il primo grande effetto sull’apprendimento. Distrazione e fretta rendono i bambini generalmente meno predisposti ad attività che implicano pazienza e ragionamento complesso: da qui l’insofferenza a vedere un video per più di pochi minuti o l’alta tendenza a distrarsi durante una lezione.
Se a questo aggiungiamo l’effetto dei social network sull’autostima, possiamo anche comprendere uno dei motivi dell’aumento delle insicurezze nei giovanissimi che ha molto spesso impatti sul comportamento in classe e durante lo studio.
Come le neuroscienze possono supportare il benessere psicologico
Uno dei lati positivi delle neuroscienze è che ci permettono di capire cosa genera impatti benefici ed effettivi sul nostro cervello per migliorare benessere fisico e emotivo.
Tecniche di concentrazione (mindfulness) e neuroscienze
Una delle pratiche più diffuse per stimolare il benessere psicologico è la mindfulness. La mindfulness ha una storia di oltre 2.500 anni e affonda le sue origini nelle tradizioni contemplative buddiste. In particolare, deriva dal Buddismo Theravada, una delle due maggiori correnti del pensiero buddista, diffusa in Asia meridionale e sudorientale.
Lo sviluppo della mindfulness porta all’aumento della consapevolezza delle proprie intenzioni, delle emozioni e dei pensieri, e anche delle parole, delle azioni e delle conseguenze che queste possono avere su di sé e sugli altri.
L’obiettivo di questa pratica è permettere all’individuo di raggiungere una maggiore chiarezza riguardo a ciò che deve essere fatto (perché salutare) e a ciò che non dovrebbe essere più fatto (perché pericoloso).
L’utilizzo da parte della medicina occidentale della Mindfulness per la promozione della salute è iniziato negli anni ’70 negli Stati Uniti.
La Mindfulness è una forma di meditazione e richiede tempo, tecnica, energia, determinazione e disciplina.
Dal punto di vista dei processi mentali mira a porre l’attenzione su quattro elementi:
- il proprio corpo;
- le proprie percezioni sensoriali;
- le sensazioni (ad es. la rabbia, il dolore);
- gli oggetti della mente (i destinatari delle nostre sensazioni).
Le Neuroscienze hanno iniziato a occuparsene per studiarne gli effetti sul cervello dei praticanti. Le ultime ricerche suggeriscono come la mindfulness promuova cambiamenti funzionali nel cervello mediante la neuro plasticità.
Gli studi sulla mindfulness sono progrediti negli ultimi 20 anni fino a creare una precisa area delle neuroscienze che ne studia effetti e benefici. Grazie alla sua valenza didattica, diversi paesi hanno inserito la mindfulness nei propri programmi scolastici.
Nel Regno Unito ad esempio è stata inserita nei programmi di 350 scuole, in Olanda viene utilizzata per combattere il bullismo, e negli Stati Uniti e nei paesi del Nord Europa è comunemente utilizzata per ridurre lo stress giovanile.
Il ruolo del sonno e delle pause nell’apprendimento
Grazie alle neuroscienze ora sappiamo qualcosa in più anche sui momenti di pausa e sul sonno, in particolare sugli effetti dovuti alla sua mancanza.
Attraverso una tecnica di scansione cerebrale altamente sensibile, chiamata magnetoencefalografia, è stata osservata l’attività neurale di giovani adulti mentre imparavano a digitare parole con la mano non dominante. Dopo una sessione di pratica, i partecipanti allo studio hanno fatto una breve pausa e hanno continuato a esercitarsi, per un totale di 35 sessioni.
Durante le pause gli scienziati hanno osservato un picco nell’attività cerebrale che imitava lo schema neurale registrato durante l’esperienza pratica, ma in un ventesimo del tempo!
In altre parole, durante la pausa il cervello non era inattivo, ma stava riproducendo la sessione di pratica più e più volte a una velocità elevatissima – circa 25 volte ogni 10 secondi – passando le informazioni all’ippocampo, il centro della memoria del cervello. Si è così scoperto che prendersi una pausa non vuol dire affatto “staccare il cervello”, ma significa memorizzare e catalogare ciò che si è imparato o vissuto.
Questo processo si ripete esattamente durante la fase REM del sonno, in cui vengono riprodotti i ricordi di quanto fatto durante il periodo di veglia. Non dormire bene, o peggio, non dormire affatto, significa alterare questo processo che memorizza e struttura, e che coinvolge anche l’apprendimento.
Soluzioni pratiche per ridurre lo stress digitale
Quindi cosa possiamo fare per aiutare giovani e giovanissimi a gestire la tecnologia?
Gestione del tempo e delle attività digitali
Ecco 4 regole pratiche per ridurre lo stress digitale e gestire il tempo di utilizzo degli strumenti digitali:
- essere consapevoli del problema e riconoscere i principali sintomi: ansia, calo della concentrazione, mal di testa, insonnia, stanchezza cronica, irritabilità o isolamento sociale. Riconoscere i sintomi dello stress digitale è il primo passo o per affrontarlo;
- limitare il tempo di utilizzo: programmare il tempo di utilizzo di uno smartphone o di un videogioco, togliere le notifiche e darsi invece degli orari per guardarle;
- stimolare e creare opportunità per avere relazioni reali: lo sport o le attività extra-scolastiche permettono di interagire con gli altri creando relazioni fisiche che rappresentano un’occasione per stimolare “passatempi” non meramente tecnologici. Incentivare le attività sportive e all’aria aperta aiuta e favorisce il sonno;
- sonno di qualità: il dormire bene può essere aiutato soprattutto con il rispetto degli orari, evitando cambi repentini nella routine giornaliera. La mancanza di sonno non crea solo stanchezza, ma mina il processo di apprendimento e di crescita della consapevolezza personale.
Strumenti e applicazioni per il benessere psicologico degli studenti nell’era digitale
È fondamentale accedere a risorse affidabili. Ecco dunque alcune app disponibili anche in lingua italiana disponibili per supportare le famiglie sul tema del benessere digitale:
- Family Link di Google: permette ai genitori di stabilire regole digitali, monitorare l’uso del tempo schermo e approvare le app scaricate dai bambini;
- Family Time: utilizzata da 4 milioni di genitori per il benessere digitale dei figli, propone programmi differenti di controllo in funzione dell’età;
- Calm: propone esercizi di meditazione guidata, storie del sonno, paesaggi sonori, esercizi di respirazione e molto altro;
- Forest: applicazione che aiuta a sconnettersi dal telefono per connettersi con il mondo che ci circonda, attraverso la costruzione di una foresta virtuale;
- Freedom: blocca app e siti web fino a otto ore e permette di creare un calendario settimanale con cadenze regolari senza Internet;
- Focus Quest: rende le pause detox dalla tecnologia molto più divertenti permettendo di impostare un timer per rilassarsi e per recuperare concentrazione.
In conclusione, sono moltissime le risorse e le app che possono aiutarci a salvaguardare il benessere digitale dei nostri figli.
Dobbiamo cercare di creare un ambiente digitale sano e consapevole per i ragazzi e le ragazze ma soprattutto promuovere un utilizzo positivo ed equilibrato della tecnologia.
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