Il sondaggio presentato al Festival Nobilita: l’88% degli intervistati crede negli strumenti innovativi. Ma rimane il nodo relazioni.
La transizione digitale nella scuola italiana è stata al centro dell’intervento di MyEdu al Festival Nobilita a Roma, appuntamento di rilievo nazionale sulla cultura del lavoro, in occasione della quale è stata presentata una ricerca condotta da MyEdu su un campione di duecento insegnanti.
Ridare centralità alla funzione dell’insegnante, investire sulle capacità di relazione, ascolto, comprensione ed empatia, ma anche essere consapevoli del rischio che il digitale, se utilizzato male, o addirittura abusato come “scorciatoia”, può condizionare la relazione con lo studente e in certi casi addirittura spodestarla, sostituendosi al rapporto umano.
“Ogni volta che parliamo di Scuola italiana – spiega Laura Fumagalli, presidente di MyEdu – emerge il tema dell’inerzia al cambiamento. Credo che sia un falso mito e che ci sia dietro qualcosa di diverso rispetto a una resistenza a cambiare – generalmente attribuita al corpo docente. Al contrario, rispetto a pochi anni fa, registriamo nella Scuola un totale cambio di paradigma in termini di consapevolezza sullo strumento e lucidità di visione – commenta Laura Fumagalli – Crediamo che per gli insegnanti sarebbe molto più semplice continuare a chiudersi nei confronti di una fatica in più che nessuno gli ripaga (anche economicamente) piuttosto che sforzarsi di studiare, imparare nuovi strumenti, mettersi in discussione e modificare i propri metodi consolidati”.
Gli studi internazionali sulla didattica.
I report internazionali non dipingono un quadro così negativo per la scuola italiana. Basti citare il rapporto Eurydice 2022, che evidenzia come la scuola primaria italiana sia tra le più eque ed inclusive tra quelle europee e anche efficace a livello formativo, collocandosi tra le prime per competenze di lettura dei bimbi (dato appena confermato dal rapporto PIRLS 2022). In matematica il livello è un po’ più basso, ma comunque meglio di tanti paesi come ad esempio la Francia. Questo è un dato importante perché l’inclusione è uno degli aspetti più importanti della scuola, intrinseco cioè nel suo mandato sociale. La scuola inclusiva cambia la vita, offre la possibilità a bambine e bambini che partono da una situazione svantaggiata di affrancarsi da questa situazione e scegliersi una vita diversa.
Il rapporto Ocse “Education at a glance 2022” evidenzia delle carenze strutturali di cui si parla da anni senza l’intento di risolverle. Tra queste un investimento in istruzione nettamente inferiore alla media europea, una classe di insegnanti sempre più anziani e tra i meno pagati, ma soprattutto un evidente gap tra laureati in materie scientifiche e tecnologiche e posti di lavoro richiesti in quei settori chiave. C’è però un dato positivo anche nel rapporto Ocse: l’accresciuta digitalizzazione del sistema scolastico come una delle principali conseguenze della pandemia, rilevata ancor più in Italia che in molti altri paesi. E questo dato trova piena conferma nell’esperienza di MyEdu, che in 10 anni di attività ha contribuito a formare più di 50 mila docenti. Sempre secondo i dati Ocse, prima del Covid solo il 46% degli insegnanti dichiarava di utilizzare le tecnologie digitali (ma nella nostra esperienza questo dato era ottimistico), oggi, invece, l’88% dei docenti intervistati in un campione di circa 200 insegnanti del network dichiara che il digitale ha un reale potenziale di innovazione nella didattica e solo il 5% tornerebbe ai metodi esclusivamente tradizionali.
I dati rilevati dal sondaggio MyEdu.
Dal sondaggio MyEdu dal titolo “La scuola che non vediamo” (maggio 2023), la maggior parte dei docenti ha le idee molto chiare sul digitale: non certo panacea di tutti i mali, ma strumento che al servizio della didattica rivela un grande potenziale di inclusione, facilitazione e coinvolgimento.
In particolare, l’88% degli intervistati pensa che il digitale abbia un potenziale certo di innovare la didattica, individuando i seguenti vantaggi:
- Ha un potenziale inclusivo: anche bambini con Bisogni specifici o i bimbi in ospedale possono seguire la didattica e non sentirsi esclusi
- Facilita l’apprendimento: apprendere tramite immagini, suoni, colori coinvolge i diversi tipi di intelligenza presenti nei bambini
- Consente un maggior coinvolgimento degli alunni (maggior attenzione e interesse)
- Arricchisce ed espande i contenuti
- Valorizza la partecipazione dell’alunno e lo mette alla prova in un ambiente più “reale”
- Unisce il sapere e saper fare
- Valorizza le potenzialità di ogni alunno utilizzando un canale di comunicazione familiare
- Arricchisce la professionalità del docente
- Si tratta di una strategia di insegnamento attivo
- Permette all’insegnante di avvicinare i ragazzi e dunque di motivarli ad apprendere.
Come sta dunque la scuola italiana oggi? Meglio di quanto si potrebbe pensare, ma solo grazie alla passione e alla motivazione di tantissimi insegnanti. Che cosa servirebbe dal nostro punto di vista? Semplificare le procedure, snellire la burocrazia che ha trasformato le scuole in “progettifici” rubando tempo all’insegnamento; aumentare gli stipendi dei docenti e tornare a fidarci dei nostri figli e dei loro insegnanti, puntando sulla loro relazione umana. Il resto – imparare a utilizzare i dispositivi digitali, applicare metodi innovativi e inclusivi, disporre banchi e sedie diversamente per stimolare il dibattito ecc… – verrà naturalmente di conseguenza.
Tornare all’umanità dell’insegnamento, al riparo dalle scorciatoie dell’abuso di tecnologia.
La didattica è relazione tra insegnante e studente e non può essere ridotta a procedure e protocolli, e nemmeno a “un clic”. Come testimoniato dalle risposte degli insegnanti nel sondaggio MyEdu, investire nella scuola significa puntare sulla relazione umana tra docente e discente, prestando attenzione alle mutate esigenze degli studenti, al loro nuovo modo di apprendere, alle loro fragilità, valorizzando il loro potenziale individuale, stimolando la loro curiosità e motivazione a imparare. Tutto questo è possibile solo ristabilendo il ruolo istituzionale della scuola nella società, e in primis il rispetto e la fiducia per la figura degli insegnanti.
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