Nel mondo quasi un ragazzo su 5 tra i 5 e i 19 anni è sovrappeso o obeso. A lanciare l’allarme è l’Unicef, che ha appena pubblicato il Rapporto 2019 sulla malnutrizione infantile. Tra le soluzioni emerge l’importanza di una corretta educazione alimentare, che insegni ai ragazzi a mangiare in maniera sana ed equilibrata, come dimostra il corso di educazione alimentare di MyEdu: Alimentazione: un viaggio intorno al cibo .
Il rapporto 2019 dell’Unicef sulla malnutrizione infantile, pubblicato lo scorso mese di ottobre, ha riaperto il diabattito sul tema dell’obesità infantile. I dati sono innegabili: a livello globale circa 40 milioni di bambini sotto i 5 anni sono in sovrappeso o obesi. Dal 2000 al 2016, inoltre, la percentuale globale di bambini sovrappeso è raddoppiata, passando dal 10% al 20% e, se la tendenza rimarrà costante, si stima che nel 2025 la percentuale di bambini in sovrappeso salirà al 5,9% del totale, cioè circa 43 milioni di bambini. Questo non accade solo nei paesi ricchi, come si sarebbe portati a pensare, ma è un dato in aumento su base mondiale che colpisce anche i paesi a basso e medio reddito: nel 2018 quasi la metà dei bambini sovrappeso sotto i 5 anni viveva in Asia e un quarto in Africa.
E non sono solo i più piccoli a soffrirne: secondo la NCD Risk Factor Collaboration, infatti, la percentuale di bambini di età compresa tra i 5 e i 19 anni in sovrappeso è aumentata dal 10,3% del 2000 al 18,4% del 2016: da 1 ragazzo su 10 si è passati a un ragazzo su 5. Rispetto al 1975, il numero di bambini e ragazzi in questa fascia d’età che soffrono di obesità è 10 volte maggiore per le ragazze e 12 volte maggiore per i ragazzi.
L’Italia primeggia in negativo: si è posizionata infatti al quinto posto tra i Paesi Ocse con una percentuale di bambini sovrappeso fra i 5 e i 19 anni del 36,8%, con un +39,1% rispetto al 1990. Peggio di noi solo Stati Uniti, Nuova Zelanda, Grecia e Malta.
Cosa significa obesità
L’obesità si determina attraverso l’IMC (o BMI dall’inglese Body Mass Index), ovvero l’Indice di Massa Corporea, espressione del rapporto tra il peso e l’altezza. L’IMC si calcola infatti dividendo il peso in chilogrammi per l’altezza in metri elevata al quadrato. Ad esempio un adulto di 1 metro e 60 centimetri di altezza e 55 chilogrammi di peso avrà un BMI pari a 21 circa. Per quanto riguarda gli adulti, un IMC tra 18,5 e 24,99 indica un peso normale, un IMC superiore a 25 segnala che si è sovrappeso, un IMC oltre il 30 è infine indice di obesità.
Per i bambini, invece, non c’è un valore fisso e sono state calcolate delle curve specifiche che tengono conto anche dell’età e, come le curve di crescita, sono divise in percentili. Un po’ rozzamente, si può considerare sovrappeso un bambino con IMC superiore a 18,2 (85° percentile per la sua età) e obeso se superiore a 19,2 (95° percentile per la sua età). Per fare un esempio, un ragazzo alto 1 metro e 20 centimetri e del peso di 25 chilogrammi avrà un IMC pari a 17,3 circa, ed è quindi considerato normopeso.
Al di là del fattore estetico, l’obesità infantile è preoccupante soprattutto perché i bambini obesi hanno più probabilità di diventare adulti obesi e di sviluppare quindi problemi come diabete, malattie cardiovascolari e alcune specie di tumori. Il problema dell’obesità, inoltre, sta superando quello del fumo di sigaretta e diventando la più importante causa di malattie prevenibili. In Italia il costo collegato a sovrappeso, obesità e malattie ad essi legate, si traduce in un aumento di spesa pubblica che oscilla tra 1 e 3 miliardi di euro l’anno circa, ed è in continuo aumento.
Le cause dell’obesità
Le cause di questa “epidemia di obesità” sono diverse: si possono citare l’aumento dell’apporto calorico degli alimenti, il cambiamento delle diete rispetto al passato, l’urbanizzazione e la riduzione dell’attività fisica. Un’errata alimentazione è comunque la causa primaria. Basti pensare che, sempre secondo il rapporto Unicef, il 45% dei bambini sotto i 2 anni non mangia regolarmente frutta o verdura, e che il 42% degli adolescenti che vivono in Paesi a basso e medio reddito consumano bibite zuccherate e gassate almeno una volta al giorno, e il 46% mangia cibo da fast food almeno una volta a settimana. Questi tassi salgono al 62% e al 49%, rispettivamente, per gli adolescenti nei Paesi ad alto reddito.
«Malnutrizione non significa solo non avere da mangiare a sufficienza», sottolinea il Presidente dell’Unicef Italia Francesco Samengo, «ma anche mangiare in modo errato o malsano.»
Le soluzioni ci sono: partiamo dall’educazione alimentare
Cosa si può fare? L’Unicef lancia un appello ai governi, al settore privato, alle famiglie e alle imprese per aiutare i bambini a crescere in salute. Ecco dove si può intervenire per ridurre l’obesità.
Il corso di Educazione alimentare di MyEdu
Migliorare l’educazione alimentare per aiutare i ragazzi ad assumere abitudini alimentari più sane. In prima linea contro l’obesità sono quindi le famiglie e la scuola: è qui che il ragazzo deve acquisire i primi e più importanti principi di una sana e corretta alimentazione, sia con l’esempio diretto che attraverso lezioni e interventi mirati ad aumentare la sua consapevolezza, come ad esempio il corso sull’educazione alimentare di MyEdu: Alimentazione, un viaggio intorno al cibo.
- Migliorare l’appetibilità dei cibi sani, attraverso campagne di comunicazione mirate alla promozione di un’alimentazione più sana.
- Adottare una legislazione efficace per ridurre la domanda di cibi dannosi per la salute. I governi possono agire attraverso leggi e normative che introducano tassazioni più alte sui cibi malsani, come le merendine o le bibite gassate, o imponendo ai produttori una migliore etichettatura dei prodotti che metta in evidenza l’apporto calorico e nutritivo di ogni alimento.
«Stiamo perdendo terreno nella battaglia per una dieta sana per ogni bambino» conclude Henrietta Fore, Direttore esecutivo dell’Unicef. «Questa non è una battaglia che possiamo vincere da soli. C’è bisogno che i governi, il settore privato e la società civile rendano la nutrizione dei bambini una priorità e lavorino insieme per affrontare alla radice la nutrizione non sana, in tutte le sue forme.».